Valerio Pisano

 

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Valerio Pisano

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Giocare è una cosa per adulti

di Roberto Gramiccia

Ci sono due tipi di artisti. Il primo fa parte della vasta schiera – Luigi Bartolini l'avrebbe definita dei "pulitini pulitini..." – di operatori visivi à la page che fanno il compitino secondo i dettami correnti del sistema dell'arte e allora: tecnologia, performance, istallazioni, un occhiolino a Cattelan, uno a Vezzoli e così via banalizzando per ottenere un posto, anche piccolo piccolo, sotto il sole sempre più tiepido di un'attenzione (mediatica) riconosciuta come ultimo (unico) valore. Il secondo è rappresentato da coloro i quali se ne fregano di essere à la page e fanno quello che la testa detta loro. Quando dico testa intendo: testa, cuore, vissuto personale, incazzature, compassione per gli ultimi, idea dei propri limiti, ambizione di superarli, angoscia della morte, aspirazione all'immortalità, rispetto per i maestri e odio per i maestri.

Valerio Pisano è un artista sardo emergente, anzi già emerso che fa parte della seconda schiera.

Uno dei dettami degli specialisti del successo in arte, uno di quelli più seguito, consiglia, anzi ordina, di essere "ri-conoscibili" e cioè di scegliere un linguaggio, una tecnica, un materiale, un logo artistico e di non abbandonarlo più per evitare, appunto, di essere confusi con altri nelle mostre, nelle Fiere mercato, nelle aste. Quello della riconoscibilità è l'altare sul quale si suicida la stragrande maggioranza degli artisti contemporanei in cerca spasmodica di successo.

Valerio Pisano ha capito precocemente che se uno si suicida magari può fare pure qualche soldo nelle fiere, ma non lascia un segno, non rimane. Per queste ragioni credo, o magari per altre che non so, egli incarna un prototipo di artista eterodosso, eclettico e sincretico.

Pittore, disegnatore - brandisce la penna a biro come un'arma da taglio per tenere lontano i nemici - facitore di mille invenzioni e, soprattutto in "Profumo di ringhiera", poeta di un'ironia ribelle che si intrattiene entro gli ambiti di una tridimensionalità non solo fisica ma mentale. Le opere che egli propone, infatti, all'interno di questo progetto, che è come una macchina volante che raggiungerà addirittura Pechino, sono, nel loro complesso, un'ironica provocazione che cerca il matrimonio con il fruitore attraverso forme non comuni di corteggiamento. Non la bellezza estenuata dei paesaggi, o la proposta di una figurazione tranquillizzante, o l'angoscia di un urlo che denuncia. Non un sistema di significati e di significanti chiuso in sé, opaco, triste e depressogeno, piuttosto un sistema aperto, in grado, col sorriso, di istruire l'intelligenza, quella critica, quella che fa paura ai padroni, ai tiranni, agli oligarchi.

I maestri di Valerio Pisano sono: prima di tutto se stesso, la sua esperienza, il suo personale osservatorio. Ma poi non solo. C'è una letteratura artistica vasta e multiforme, squisitamente italiana a cui egli attinge che va da Piero Manzoni ad Alighiero Boetti, a Gino De Dominicis. Ricordate l'impronta del pollice schiacciata sulle uova sode di Manzoni per dare al pubblico "in pasto" l'arte? Ricordate la Mozzarella in carrozza di Gino de Dominicis, il quale mise esattamente una mozzarella dentro una carrozza? Ricordate l'Autoritratto di Boetti in bronzo con uno sbuffo di calore dalla testa che fumava?

Questi giochi dell'ironia, questa nonchalance squisitamente mediterranea, questa cultura che tende, giocosamente, più a porre domande (stranianti domande) che a dare risposte, questa è la materia prima della riflessione artistica, della creatività di Valerio.

Che cosa sono le sue Manette con nacchere se non un ossimoro vivente. Le nacchere normalmente vengono suonate dalle ballerine di flamenco libere e belle. Quelle dell'artista sardo suonano messe in vibrazione da mani serrate all'interno di manette. Che è come dire, quando la libertà è autentica le manette non bastano.

C'è poi il repertorio delle Supposte: quelle in granito, quelle in frassino che invece di sciogliersi hanno il compito di mantenere la propria solidità.

C'è la Chitarra da pesca, con tanto di mulinello, il Cavatappi doppio, assolutamente inutile ma bello da vedersi e il repertorio delle forchette col boccone pronto, la Vite a tre punte e il Profumo di ringhiera. Scordavamo la Supposta alla menta, con un sapore che non potrà mai essere gustato perché la mucosa rettale non possiede papille gustative.

E ancora le Forbici doppie e triple per le doppie punte dei capelli. La Maniglia per i libri - un'opera magnifica per la sua sintetica ma eloquente semplicità - che sta lì, a testimoniare che per entrare dentro la cultura devi averci la chiave della serratura, devi averci l'accesso. Se sei un poveraccio senza chiave non ci entri dentro, e rimani un poveraccio per sempre. Il problema non è che non hai un euro, il problema è che non sai, quindi non puoi, quindi altri decidono al posto tuo.

Valerio Pisano è un artista così. Uno che non smette mai di sorprenderti. Lunga vita (artistica e non) a Valerio!

Roberto Gramiccia

testo critico di presentazione del catalogo profumo di ringhiera